sito in difesa dell'aborto di primo trimestre come elemento irrinunciabile e sacrosanto della libertà e della salute piscofisica della persona di sesso femminile, in un periodo in cui, a causa del predominio dell'ideologia cattolica, unita ad istanze di politica demografica di tipo fascista e del ritorno di una concezione mistico-sentimentale dell'embrione e della riproduzione umana, difendere l'aborto è diventato politicamente scorretto e culturalmente sconveniente.

sabato 14 aprile 2007

ABORTO UN MALE CREATO DALLA CULTURA CRISTIANA In fondo cosa è l’aborto, dal punto di vista naturale? È semplicemente impedire ad un embrione di diventare un individuo umano completo. Questo atto provoca sofferenza a qualcuno? Certamente provoca sofferenza fisica e fastidio alla donna che vi si deve sottoporre, visto che qualunque sia la tecnica adottata(aborto chimico o chirurgico) ci sono comunque effetti avversi. Alla donna che abortisce non per libera scelta,ma per necessità(ad es. perché l’embrione è gravemente malformato o per motivi di salute), l’aborto può provocare anche una sofferenza psichica e morale. Invece non provoca alcuna sofferenza all’embrione, per il semplice fatto che un embrione(fino almeno al mese 3,3 di gestazione, ma probabilmente anche oltre) è scientificamente provato che non può avere la capacità di sentire dolore, né di rendersi conto di essere sradicato dall’alvo. Forse a partire dalla fine del 3° mese ci può essere una qualche minima sensazione tattile, ma si tratta di una ipotesi non ancora sufficientemente accertata. Di certo un embrione di 12 settimane non può gridare come si vede(o meglio si pretende che si veda) nel filmato anti-abortista intitolato “L’urlo nel silenzio”. La cosa è tecnicamente impossibile dal punto di vista anatomico e fisiologico. D’altra parte, ciò che realmente si vede in quel filmato, è soltanto un movimento fetale accentuato all’avvicinarsi della punta dell’aspiratore. Dunque dove sarebbe il male dell’aborto, che induce i vari esponenti dei movimenti per la vita a parlare addirittura dell’aborto come “piaga”? L’aborto non danneggia nessun soggetto, all’infuori della donna che lo subisce e, peraltro, soltanto nel caso in cui si tratti di una scelta necessitata. Se invece l’aborto serve per interrompere una gravidanza odiosa, esso non può che essere un bene per la donna, mentre per la società è un atto del tutto indifferente. Se poi si vuole versare la questione in termini di utilità sociale, nel senso di ritenere che l’aborto danneggi la società perché la priva della nascita di nuovi individui, il discorso diviene particolarmente insidioso, perché si viene allora a toccare il diritto della persona di sesso femminile di decidere se e quando procreare. Seguendo una logica di questo genere anche la contraccezione sarebbe un male, perfino l’astinenza perpetua dai rapporti sessuali praticata da sarcerdoti e religiosi della Chiesa cattolica, sarebbe un male per la società. Se da questo si volessero trarre tutte le dovute conseguenze, la cosa non gioverebbe a nessuno, Chiesa compresa. A parte che poi resta tutto da dimostrare che una flessione nel tasso delle nascite, in un paese decisamente sovrappopolato e dove la durata media della vita è ormai prossima agli 80 anni, costituisca un male. Inoltre, anche volendo assumere la posizione di coloro che temono per l’ “estinzione” della nostra società, non è certo ammissibile, proprio dal punto vista etico, che per assicurare la continuità di una società, alcune persone, quelle di sesso femminile,nel caso in cui incorrano in una gravidanza odiosa, vengano per legge private dalla libera disponibilità del proprio corpo e del diritto alla salute e all’integrità fisica. È inoltre assolutamente inaccettabile che i cattolici sostengano che l’aborto sia manifestazione di disprezzo per la vita. Infatti, una donna che,incorrendo in una gestazione odiosa, abortisce, non è affatto una persona che disprezza la vita, anzi appunto perché ama la vita non intende restare inerte di fronte ad un processo biologico che si accinge a devastargliela. Non si vorrà certo sostenere che uno, solo perché è nato con utero e ovaie, debba amare la vita di una persona futura(di cui, al momento della scelta abortiva, esiste soltanto l’abbozzo organico) più della propria esistenza. Del resto, come sono contraddittori questi cristiani che condannano il suicidio, anche nei malati terminali, ma se una donna, affetta da una patologia grave ma curabile, si suicida per portare a termine una gravidanza(magari lasciando orfani i figli avuti in precedenza), rifiutando l’aborto terapeutico, allora,il suicidio diviene un atto eroico e degno di lode! Il punto è sempre lo stesso, e cioè che per il cristianesimo la persona di sesso femminile è nella sua essenza una fattrice, un essere funzionale alla gestazione e al parto. Un dato biologico è stato, da questa religione isterica e avversa alla libertà sessuale, elevato ad una sorta di valore metafisico che dovrebbe caratterizzare tutta l’essenza della donna, di qualsiasi donna, a dispetto delle concrete differenze di caratteri, di inclinazioni e di interessi esistenziali.

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